L’Etnoparco è la sezione all’aperto dell’Ecomuseo con le stupende capanne in canna palustre, un tempo diffuse sull’intero territorio ravennate, ricostruite con assoluta fedeltà dall’ultimo maestro capannaio. I pavimenti erano realizzati in terra battuta e rifiniti con un impasto di terra e acqua. Sopra vi si spargeva, poi, una miscela di polvere di terra e sabbia per evitare che il contadino con gli zoccoli bagnati potesse rovinarlo.

A destra dell’entrata, il bellissimo capanno classico romagnolo, con il caratteristico tetto a quattro falde con sporto a protezione del portone di ingresso a due battenti (la spurtèla). L’interno, in alcuni casi, presentava un piano superiore con un solaio ottenuto dall’appoggio o inchiodatura di tavole di legno sulla catena della capriata. Questa struttura viene utilizzata per l’allestimento di mostre temporanee.

A fianco si trova la capanna cantina, un capanno a pianta absidata caratterizzato da un tetto le cui falde arrivano a terra e sporto a protezione dell’ingresso. Caratteristica di questa costruzione è l’interno che presenta il piano di calpestio leggermente scavato nel terreno, assicurando così una temperatura ideale per la conservazione dei vini e altri alimenti.

Accanto alla cantina, un modello di capanno con tetto a due falde, utilizzato come ricovero attrezzi, che presenta l’antica tecnica di protezione del colmo realizzata con due file di tegole sormontate da una fila di coppi, successivamente e più recentemente soppiantata dall’utilizzo di lamiere di recupero e da veri e propri interventi di lattoneria.

Proseguendo sul sentiero, si incontra una struttura coperta e aperta su tre lati, il cosidetto paratàj, termine col quale a Villanova si indicava una sorta di tettoia utilizzata per le prime fasi di lavorazione delle erbe palustri, come ad esempio la pettinatura della carice, che non era possibile eseguire nell’ambiente domestico.

A fianco si trovano rispettivamente la ricostruzione del luccòmud, utilizzato con funzione di latrina, e la doccia col bidone, che si utilizzava nel periodo estivo, caratterizzata dalle classiche stuoie a protezione dagli sguardi indiscreti.

L’ultima costruzione che si incontra è la casa capanno o casino di campagna, una tipologia che presenta modeste fondazioni, pareti in muratura e il solo tetto in canna. Gli interni avevano una stanza, al massimo due, talvolta un camino, un paio di finestre ed un piano superiore con solaio in tavolame a cui si accedeva tramite una scala a pioli. I casini di campagna accoglievano un’intera famiglia, villeggianti o cacciatori. Un celebre esempio è il Capanno Garibaldi di Ravenna.

A conclusione del sentiero troviamo l’orto-giardino dei fiori e degli odori dimenticati caratterizzato da aiuole, divise da sentieri strettissimi, scontornate con mattoni di recupero, vecchie piastrelle in cotto posate di taglio, bottiglie, anche rotte, piantate capovolte e siepi morte realizzate in salice e canna comune. A rendere più percorribili e asciutti gli stretti sentieri, era uso tappezzarli con le valve delle vongole, scarti domestici di un piatto tipico che la comunità villanovese si concedeva frequentemente. Le aiuole dell’orto-giardino dovevano contenere ortaggi classici, per la preparazione dei piatti tipici locali, piante aromatiche, ornamentali e fiori.

Affacciato sull’orto si trova il recinto che ospita i polli di razza romagnola, a fianco del quale si trova la ricostruzione del capanno-pollaio realizzato sempre in canna palustre e caratterizzato da un tetto a due falde che arriva a terra, una porticina e soppalco interno con scaletta di accesso.

Dal lato opposto della corte, sono collocate altre costruzioni tipiche. La prima che si incontra è la capanna stagionale del salinaro, una struttura semplice e povera, realizzata con rami di salice arcuati e coperta con le stuoie che venivano utilizzate anche per proteggere le cataste del sale per evitare i danni delle eventuali piogge. Accanto, un paretai, paretaglio da valle a cielo aperto, nascondiglio del cacciatore; lo stagno delimitato dalla palizzata che comunemente serviva ad arginare i terreni vallivi; le vegetazioni spontanee tipiche delle nostre valli e l’anatra autoctona romagnola. A destra dello stagno, il piccolo pontile di legno e la cavâna, tipico ricovero per le barche di acqua dolce situato in prossimità delle zone umide.

 

Ecomuseo delle Erbe Palustri

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